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La fondazione del collegio San Giovanni – un’opera sociale?

Nel suo libro: "L'opera sociale del canonico Dehon", Robert Prélot ricorda solo con brevi espressioni la fondazione del collegio San Giovanni (e quella della nuova congregazione): "Non è nostro compito mostrare qui la considerevole attività esplicata dal sacerdote Dehon in queste due nuove creazioni" (Prélot, p. 64). Questa frase è emblematica per un problema particolare nella storiografia dehoniana: la comprensione del "sociale" degli autori del nostro secolo è spesso molto diversa da quella che Dehon stesso intendeva.

È proprio ciò che Yves Poncelet esprime in una conferenza sull'azione sociale di P. Dehon là dove dice: "Così, l'aggettivo 'sociale' è troppo generosamente accoppiato a un gran numero di citazioni degli scritti dehoniani e in tal modo si perde rapidamente il senso da dare all'espressione 'azione sociale di padre Dehon'. Da qui ne consegue che spesso il vero senso di tale espressione non è là dove si vorrebbe racchiuderlo: nel miglioramento delle condizioni di vita delle classi popolari. È invece in un progetto globale della società. Mentre la risoluzione dei problemi della questione sociale può essere considerata come una potenziale conseguenza della realizzazione di tale progetto" (Yves Poncelet, in Rerum Novarum in Francia, p. 62).

Così è legittimo o almeno molto conforme al pensiero di Dehon integrare la fondazione del San Giovanni nel quadro di questo suo progetto di società e di costatare che il collegio - almeno per Dehon - faceva parte del suo impegno sociale:

"Inoltre sappiamo che era sempre occupato nelle questioni sociali. Il Collegio non rappresentava una delle soluzioni radicali ai problemi dell'ora? Destinato a educare l'élite intellettuale e industriale del paese, non offriva un'occasione unica per formare i dirigenti di domani alla pratica della giustizia e della carità cristiana?" (Dorresteijn, Vie e personalità, p. 114).




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